Le origini di questo centro abitato risalgono ad età preromana ligure-celtica.
In età romana ebbe rilevanza strategica ed economica, come dimostrano i numerosi ritrovamenti archeologici effettuati dal secolo scorso in poi: sono venute in luce tra l'altro, ceramiche aretine del I° secolo dell'officina di Marco Perennio (cui è dedicata la strada d'ingresso ad Arezzo).
Nel Medio Evo Olgiate Comasco fu un centro di arimanni longobardi, già citati in documenti del IX secolo: essi vi edificarono la chiesa romanica di San Cassiano, donata nel 1093 ai Cluniacensi, che ebbero privilegi da Papa Urbano II e vi eressero un monastero poi soppresso nel secolo XIII. Dell'antica Chiesa, nel 1895- 96, si conservano alcuni cimeli.
A conferma dell'importanza del centro arimannico, i documenti del secolo XII-XIII chiamano i borgo con il nome di "Olgeate, qui dicitur Longobardorum", per cui ancora nel secolo XVI talora è detto Olgiate Lombardone.
In età Comunale, pur essendo nel Contado di Como, dopo esserne stata contesa la giurisdizione anche da Milano, Olgiate ebbe oltre ai Consoli, un proprio Podestà citato in documenti del 1215 e vi erano ben quattro chiese: San Cassiano (o Santi Ippolito e Cassiano), San Giorgio, Santa Maria di Somaino e Sant'Ilario di Baragiola.
Secondo gli Statuti di Como del secolo XIV Olgiate era il centro di distribuzione del sale e sede della "caneva" per tutta la pieve di Uggiate, che abbracciava le colline ad ovest di Como; il compito di "canevari", ossia pubblici tesorieri, era affidato agli Umiliati, che esercitavano l'ospitalità in una casa tuttora riconoscibile in un rione del centro abitato.
A partire dall'età Viscontea e Sforzesca ad Olgiate ebbero vasti possedimenti alcune famiglie nobili comasche come i Lucini, i Volpi, i Rovelli, gli Odescalchi, che vi eressero case padronali, i Lucini posero il patronato anche sulla Chiesa di San Gerardo, eretta nel socolo XIII e rinnovata nel secolo XVI, dedicata al Santo Monzese la cui venerazione fu promossa nel 1207 dagli Oliatesi con un voto, come attestano i documenti del secolo XIII.
Nel 1652 il Comune di Olgiate riscattò la sua libertà, sottraendosi all'infeudazione cui avrebbe voluto assoggettarlo il governo spagnolo. In quel tempo era titolare beneficiato della Chiesa di Santa Maria di Somaino il Cardinal Benedetto Odescalchi, futuro Papa Innocenzo XI, ora venerato come beato.
Verso la fine del Settecento ed ai primi dell'Ottocento vi soggiornarono i Giovio, che avevano una casa di villeggiatura tuttora esistente nel Centro Storico.
Esistono lettere scritte da Olgiate dal Conte Gian Battista Giovio al Pindemonte, al Cesarotti, al Foscolo.
Per eredità divenne possessore di un antico palazzo cinquecentesco lo scienziato Alessandro Volta; in quel palazzo ora ha sede il Municipio.
Con le riforme amministrative introdotte dalla Repubblica Cisalpina fondata da Napoleone nel 1797, Olgiate Comasco (così chiamato per la prima volta) fu individuato come capoluogo del XXI° Distretto del Dipartimento dell'Olona (Legge 2 Vendemmiale dell'anno VII, 23 settembre 1798).
Durante il Risorgimento il borgo di Olgiate Comasco, situato a mezza strada tra Como e Varese e a ridosso del confine svizzero, ebbe un ruolo strategico, specialmente per le azioni garibaldine sia nel 1848 (Garibaldi, che aveva fondato il Battaglione "F.Anzani", chiese aiuti alla Deputazione Comunale Olgiatese, se ne conserva l'autografo) sia soprattutto nel 1859 quando i Cacciatori delle Alpi più volte fecero capo ad Olgiate per impostare le loro azioni militari (battaglia di San Fermo).
Anche i patrioti locali diedero il loro contributo alle Guerre di Indipendenza; tra gli altri l'ing. Angelo Testoni, volontario nel 1848, impegnato come geniere a fortificare Marghera e a difendere il ponte sulla laguna di Venezia nel 1849: egli sarebbe stato uno dei primi Sindaci di Olgiate dopo l'unità d'Italia. Altri patrioti ruotavano allora nell'ambiente olgiatese: tra gli altri il Camozzi ( con lo scultore Vincenzo Vela), proprietario di una splendida villa neoclassica (Villa Camilla).
Questa Villa costruita dai Conti Lucini Passalacqua su progetto dell'Arch. Gioacchino Crivelli circondata da uno splendido parco è ora sede della Biblioteca Comunale. Alla fine del secolo ed ai primi del novecento essa ebbe ad ospitare il Cardinal Andrea Ferrari (ora beato), che talora vi faceva capo quando era in visita pastorale nella finitima pieve di Appiano.
In quegli anni sorsero le Ville Terragni e Roncoroni (esempio, quest'ultima dell'arte "Liberty").
La Villa Scalini (eretta dal senatore Gaetano Scalini nel secondo Ottocento) originariamente tardo - neoclassica, fu poi completamente rifatta negli anni '20 in stile eclettico: proprietà comunale, è stata sede amministrativa principale ed ora, con il nome di Villa Peduzzi è sede del distretto dell'Azienda Sanitaria Locale di Como.
Lo storico CAMPANILE DEL FICO
E' durante la dominazione spagnola che fu costruito il campanile dell'attuale chiesa parrocchiale (una torre a base quadrata con sovrastante ottagono terminale). I lavori furono poi interrotti.
La causa di questo, scrive il prevosto Sterlocchi, fu che l'appaltatore, prevedendo una grossa perdita sul contratto, fuggì, lasciando incompiuta l'opera che fu in qualche modo terminata dal Comune.
Da una notizia dell'archivio parrocchiale si apprende che la costruzione fu completata nel 1636 dopo vent'anni di sosta.
Il campanile è noto da sempre come " campanile del fico" dacchè un fico selvatico (ma forse non troppo) attecchì e si sviluppò per causa di qualche seme portato dal vento o dagli uccelli fra le connessure delle pietre a livello della cella campanaria.
In proposito trascriviamo questo commento trovato su di un "Bollettino Parrocchiale" del 1932: "il fico secolare, abbarbicato fin a incerti limiti sul campanile, testimonio della ridda insultatrice che scorre sui destini del nostro paese, ha piegato i suoi rami. Forse è caduta su di lui la maledizione dell'infruttuosità: "ogni albero che non porta frutto, sia tagliato e messo a bruciare"? Non credo perché posto eccezionalmente in alto, tanto in alto, ebbe l'avito compito di rappresentare gelosamente il rifiorire gagliardo, su piccolo ceppo, delle preziose tradizioni religiose e morali.
Vecchio, sull'antica torre, non sordo allo scampanìo che diffonde le voci di preghiera sul dolore e sulla gioia, vide cadere, rosa dal tempo, come una grande madre stanca per gli anni e la fatica, la vetusta chiesa.
Una solitudine dolorosa, fischiando il vento tra le occhiaie, esso, rimasto sopra le macerie auspice di quella resurrezione che ha dato alla voce il cuore, al campanile la chiesa più bella. Tra le fibre rattrappite e rigide,sulla corteccia lebbrosa, come sopra un millenario papiro, aveva scritto tutti i nomi di quella resurrezione, li viveva succhiando tra pietra e pietra le scarse linfe della sua vita...
In quei ricordi di fioritura spenta, ricostruisco la vita del "sotto il campanile del fico"; in lui che umile, ma tanta storia ebbe dai nostri padri...
Sembrò che attorniato da tanto fervore di ricostruzione giunto fino alle sue radici, insanabile al progresso nelle fibre convulse e torte dalla vecchiaia, dignitosamente si fosse ritirato a meritato riposo lasciando il suo testamento: "affinché la torre che rimarrà col mio nome alzi lo sguardo più in alto, a dominare la cupola superba e la orgogliosa facciata..."
Tratto da "IERI, OGGI E DOMANI" di A. Vitelli e G. Annoni pubblicato a cura della Biblioteca Comunale di Olgiate Comasco.